Sette tesi di Storia del Cristianesimo
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- Pubblicato Sabato, 10 Novembre 2018 15:17
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Mauro Pesce,
Sette tesi sulla storia del cristianesimo
(le sette tesi corrispondono ai sette capitoli del libro: Il cristianesimo, Gesù e la modernità. Una relazione complessa, Roma, Carocci, 2018. Ogni punto sintetizza in modo molto rapido il cntenuto del relativo capitolo del libro)
1. Ci si può domandare se sia opportuno considerare la modernità come un insieme sistemico (più che un’età o un mero periodo cronologico) che si propone di sostituire a sua volta il sistema simbolico cristiano con un nuovo sistema simbolico a partire dalle nuove basi epistemologiche e politiche moderne o se invece la modernità sia soltanto riuscita a creare un momento dialettico, un critica interna alla cultura cristiana e se anche le formulazioni più radicali dell’illuminismo non siano che un movimento di critica radicale, che continua però a muoversi all’interno del sistema simbolico cristiano. Bisogna allora pensare che solo con la scienza contemporanea (dall’evoluzionismo all’astronomia) solo con le scienze umane (in particolare la psicologia e la psicanalisi e gli studi cognitivi) e con determinante correnti dell’arte contemporanea e con la globalizzazione dell’intero sistema culturale planetario, si comincerebbe oggi a delineare un sistema simbolico alternativo e sostitutivo di quello cristiano? La modernità è caratterizzata da svolte radicali nella storia umana, ma anche dalla costante dualità con i sistemi simbolici religiosi che non riesce a sostituire. Il cristianesimo assorbe la modernità e ne è assorbito. Un costante e irrisolto conflitto?
2. Uno degli aspetti in cui si vede più chiaramente l’allontanamento dall’ebreo Gesù da parte delle chiese cristiane e anche la formazione di una religione, il cristianesimo, che si contrappone polemicamente all’ebraismo è la nascita del concetto di “Antico Testamento” usato per definire le sacre scritture giudaiche. D’altra parte, è con l’inizio dell’età moderna che nascono studi che arrivano fino ad oggi nei quali si fa luce con estrema chiarezza la natura ebraica, non-cristiana, delle scare scritture giudaiche, grazie allo svulippo della filologia e del metodo storico, ma anche grazie alla presenza, accettata nella società civile, di studiosi ebrei. Per uno storico e un filologo, che i testi contenuti nelle sacre scritture giudaiche siano chiamati “Antico Testamento” appare non giustificabile dal punto di vista esegetico, storico, di storia delle religioni o di comprensione antropologica delle culture. Dal punto di vista dei metodi di conoscenza oggi accettabili in campo internazionale nell’ambito della ricerca scientifica, i testi contenuti nelle scritture giudaiche non sono né Primo Testamento, né Antico Testamento, ambedue concezioni teologiche anacronistiche. Esse appaiono invece come testi considerati dai Giudei del mondo antico come variamente utili e normativi per i loro gruppi sociali.
3. Lo storico del cristianesimo deve elaborare un sistema concettuale per comprendere questa dinamica tra ineliminabile pluralità e ineliminabile esigenza di verità, in sostanza un insieme di categorie storiografiche che rinunci per sempre al concetto di eresia. Ma per far questo dovrà meditare a quale statuto epistemologico fare appello. A quello della storia delle religioni? A quello dell’antropologia culturale? Oppure, sulla strada della École des Hautes Études en Sciences Sociales fondata negli anni Settanta, ad una scienza storica aperta ad ambedue? Oppure semplicemente ad un metodo storico che abbandoni la funzione ancillare rispetto alle teologie o ad una religione?
4. Galileo distingue la natura dalla Scrittura da un punto di vista essenzialmente epistemologico e perviene così non solo a distinguere scienza da religione, ma ad individuare, seppure implicitamente, la natura propria di ciò che è religione.
5. In queste pagine mi sono proposto di appurare i percorsi storici di due concezioni tipiche della tolleranza religiosa, all'interno delle forme storiche del monoteismo giudaico e cristiano: la concezione per la quale ogni atto di culto a Dio deve essere libero ed esente da costrizione, e quella per la quale sarebbero legittime, da un punto di vista religioso, diverse strade, diverse religioni o modi di adorare Dio. Il fatto che la Bibbia ebraica e cristiana non sia la radice da cui nasce la tolleranza religiosa non ha impedito ai teorici ebrei e cristiani di riconoscere giustificazioni bibliche della tolleranza. Ciò significa che essi percepivano la Bibbia e la propria tradizione religiosa come coerente con gli ideali di tolleranza e pluralismo religioso che trovavano nella prassi e nelle teorie del loro tempo. I sistemi religiosi monoteisti si rivelano perciò aperti, complessi, in costante dialogo con ogni aspetto della prassi e delle concezioni circostanti. Essi sono, lo ripetiamo, quello che gli uomini volta a volta ne fanno.
6. I mutamenti delle religioni negli ultimi secoli dipendono in gran parte dal fatto che esse sono costrette a reagire all’impatto della modernità. Le religioni attuali, le loro correnti e i loro movimenti non sono affatto autonomi rispetto alla modernità. Al contrarrio essi sono forme diverse (e divergenti fra loro) di reagire ad essa e riformulano i nuclei essenziali dell’esperienza storica della religione cui appartengono alla luce dei fattori principali della modernità, e in dialettica con essi.
7. Mi sembra chiaro che sono molti i motivi per cui tutto l’insieme della teologia tradizionale è in crisi. La sacra Scrittura diviene criterio di critica perché, in alcuni casi, è sottratta alla teologia tradizionale e al dogma (che non vengono più considerati chiavi di interpretazione necessaria). La filologia e il metodo storico diventano base epistemologica nuova che però solo in alcuni casi diventa criterio critico intepretaztivo della Sacra Scrittura. La filosofia è usata come criterio di verita con cui indagare sui temi posti dalla teologia e dal dogma. La filosofia è però strettamente influenzata dalla nuova scienza che pone a sua volta in crisi non solo Scrittura teologia e dogma, ma anche la filosofia tradizionale soprattuto aristotelica e platonica. A questi quattro fattori si affianca poi una nuova prospettiva ebraica, e il comparativismo religioso.
La dialettica tra principio filosofico e metodo storico da un lato e pretesa di una rivelazione divina depositata nelle sacre Scritture dall’altro continua incessantemente in età moderna e non porta ad una vittoria di nessuna delle due parti nel senso che l’applicazione del principio filologico storico è inarrestabile, ma la pretesa di rivelazione divina del testo sacro è per le chiese ugualmente irrinunciabile.