L'Uomo Gesù. di A.Destro e M.Pesce (Mondadori)

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 ADRIANA DESTRO/ MAURO PESCE

uomo-gesuIl messaggio del Gesù storico: la sua pratica di vita

Chi fu veramente Gesù,che tipo di uomo è stato, che esperienze religiose fece? Le idee, leparole, le azioni del Gesù storico hanno senso sulla base e all’internodella sua pratica di vita. Non fu un predicatore. Il suo messaggio èla sua pratica di vita, di cui elemento fondamentale è l’itineranza,il fatto che abbia rinunciato alla famiglia di origine e non se nesia costruita una sua e non abbia posseduto nulla e abbia abbandonatoil lavoro e rinunciato a guadagnare con la propria attività, nonabbia una sua casa e non si fermi in un posto se non per poco tempo eincontri direttamente la gente.

 Scrive di noi Luisa Muraro
I miei consigli di lettura sono tutti volti a favorire la lettura-scrittura femminile di argomento cristiano e mistico, per motivi che qui non sto a dire....uno studio recente, di una e un autore, di quelli che fanno testo, ma molto leggibile: Adriana Destro e Mauro Pesce, L'uomo Gesù. Giorni, luoghi, incontri di una vita, Mondadori 2008.

Enzo Bianchi, Priore di Bose, recensione del libro

 La Repubblica recensione del 28.11.2008

Recensione di Don Franco Barbero 

Libri di Mauro Pesce in libreria 

Libri di Adriana Destro in libreria 

Maria Cristina Laurenziscrive su Segno 305-306/2009 un intervento sul nostro libro L’UomoGesù (Milano, Mondadori, 2008). Anzitutto la ringraziamo per iltempo che ha voluto dedicarci e per il fatto di averne scritto. Sitratta di un intervento garbato, sereno. Che da un lato espone conchiarezza a lungo il nostro pensiero e dall’altro presenta conpacatezza e misura, ma anche con decisione, una critica di fondo eanche dei suggerimenti alternativi. Ci sembra che sia un modo giustoper intavolare una discussione sgombra da pregiudizi sul Gesùstorico. Perché di questo si tratta: discutere a fondo, anchepubblicamente, sulla figura storica di Gesù. Ma non tanto suipresupposti dogmatici, quanto piuttosto sui risultati che emergonodalla ricerca storica e dalle scienze sociali.

1. La pratica di vita

Noi due autori di L’uomoGesù collaboriamo da circa vent’anni cercando di far confluireantropologia culturale ed esegesi storica per una ricostruzioneattendibile della figura di Gesù e della nascita del cristianesimo.Quando abbiamo deciso di scrivere questo libro volevamo tentare unaprima sintesi basata sulle nostre ricerche precedenti, ma che andassepiù avanti e proponesse una prima immagine complessiva di Gesù. Macome fare? Questo era il problema.

Anzitutto si trattava dicostruire una base metodicamente sicura. Il nostro scopo in questolibro non è pastorale, non è teologico, ma scientifico. Uno degliintenti fondamentali del nostro libro è mostrare che è possibileuna ricostruzione storica della figura di Gesù se ci si basa su unelemento che a nostro parere è difficilmente contestabile: lapratica di vita. Si è a lungo dibattuto se sia possibile o no unaricostruzione storica della figura di Gesù, posto che le fonti chece ne parlano sembrano a molti fondamentalmente inficiate daconvinzioni formatesi dopo la sua morte. E. P. Sanders più divent’anni fa, partiva con l’accettare il fatto che unaricostruzione storica basata solo sulle parole attribuite a Gesù neivangeli non costituiva un base storica sicura, perché le paroleerano state troppo fortemente modificate dalla tradizione successiva.Sanders proponeva di basarsi quindi sull’esame delle azioni piùsicuramente attribuibili a Gesù. Ne fece un elenco e stabilì ancheuna scala di attendibilità storica. Noi sosteniamo che unaricostruzione delle fisionomia storica di Gesù è possibile. Equesto è già un elemento centrale del nostro libro. Ma, sulla basedi una visione che proviene dall’antropologia culturale alla qualeSanders non era particolarmente sensibile, sosteniamo che questapossibilità di ricostruzione storica è data dalla pratica di vita,non dalle semplici azioni.

Maria Cristina Laurenzici sembra che nel parlare del nostro concetto di pratica lo banalizziun po’ riducendolo a “gli aspetti della quotidianità” (p. 47)o a “comportamento” (p. 52) del quale sembra avere un’ideaquasi dispregiativa, chiamandolo “l’immediato” (p. 51) (lavirgolettatura è della Laurenzi). E si domanda: “Cosa dunqueaggiungono gli aspetti di quotidianità al messaggio di Gesù?” (p.47). Ci sembra che questa domanda tralasci di porsi il problema dacui nasce il libro e cioè quale sia la base più sicura per unaricostruzione storica di Gesù. Il nostro libro cerca di porre basicriticamente sicure per rispondere a questa domanda. Laurenzi sembrapresupporre che si sia tutti d’accordo su quale sia il messaggio diGesù, quando invece l’accordo non c’è. Molti si domandanoinfatti se sia quello del Vangelo di Tommaso o quello della Didaché,quello di Marco o quello di Matteo, o di Giovanni, o quello che gliattribuisce Paolo. Per ricostruire questo messaggio sarebberonecessarie centinaia e centinaia di pagine. Il nostro libro non èopera di chiarificazione pastorale e teologica su dati assodati.Cerchiamo di porre le fondamenta per una ricostruzione attendibiledella figura di Gesù. E a questo scopo mettiamo tra parentesi ilmessaggio, per quanto è possibile, per vedere quale fisionomiastorica emerga dai testi, se ci si basa sull’analisi della solapratica di vita.

Con pratica di vita nonintendiamo le semplici azioni, che Gesù sia stato battezzato daGiovanni, che abbia compiuto un’azione nel Tempio, che sia entratocon un corteo acclamante in Gerusalemme, che abbia scelto deidiscepoli, ecc. La pratica di vita è l’insieme delle tecniche estrategie messe in atto da un individuo o da un gruppo per garantirela propria esistenza (cioè per vivere e per abitare, per entrare incontatto con gli altri, per ottenere gli scopi che si propone). Lapratica di vita di un Rom è diversa da quella di un cittadinoinsediato in un città italiana del Centro-Nord. La pratica di vitadi un contadino è diversa da quella di un mercante che viaggia percomprare e vendere, o da quella da un monaco o di un marinaio. I modidi produrre e di consumare sono parte essenziale della pratica divita. Il modo con cui si organizza stabilmente il proprio lavoro, lapropria abitazione, il procacciamento del cibo, e ogni atto teso ariprodursi e vivere con altri con una propria specificità. Tuttoquesto è una pratica di vita che distingue un uomo dagli altri. Essaperciò non consiste in una catena di eventi, ma in modalità stabilidi esistere su un territorio e in un gruppo sociale.

Da ciò deriva un primocorollario: le idee di una persona, le sue concezioni, sonostrettamente legate alla sua pratica di vita e lo sono anche le sueazioni giornaliere. Non è possibile separare il modo di pensare diuna persona dal suo modo di esistere e neppure è possibile separaredal modo di vita le sue singole azioni (quelle di cui si occupavaSanders). Per questo motivo, siamo convinti che le parole di Gesù,le sue idee, il suo messaggio, e le sue azioni stesse non sianocomprensibili al di fuori della sua pratica di vita.

L’elemento fondamentaledi questa pratica va individuata, secondo noi, nell’itineranza, nelfatto cioè che Gesù abbia rinunciato alla propria famiglia diorigine e abbia rinunciato anche a costruirne una sua, che nonpossieda nulla, che abbia abbandonato il lavoro o che comunquerinunci a lavorare e perciò a guadagnare con la propria attività.Essa consiste nel fatto che non abbia una propria casa e che non sifermi mai se non per poco tempo in un posto, ma che riprendacostantemente il cammino.

Questa condizione è cosìcaratterizzata duplicemente. In primo luogo dal distacco dal nucleodomestico (costituto da un’unità di lavoro riunita su unterritorio attorno a un capo e da persone connesse non solo da legamifamigliari ma anche lavorativi) e dai suoi obblighi e dalle suerelazioni interne ed esterne (politiche). In secondo luogo, dalladislocazione continua.

Gesù vuole incontrare lagente. Il suo dislocarsi ha per scopo l’incontro con le persone, unincontro diretto, mai mediato, come giustamente Maria CristinaLaurenzi sottolinea. Un incontro “faccia a faccia”.

La logica inerente aquesta pratica di vita comporta necessariamente la creazione di unoschema di rapporti diverso con le persone: l’incontro non avvienepiù tramite il reticolo di interessi che gli individui sonoobbligati a difendere nelle proprie attività e relazioni economichee politiche. Gesù non è portatore di propri interessi. La gente cheegli incontra non riesce a situarlo all’interno del proprio normalereticolo di relazioni. L’incontro con la gente avviene così in unasituazione di sospensione necessaria del normale incrocio di“rapporti di interesse” dei gruppi sociali. Una sospensione dellereti sociali normali. Questo tipo di logica è permessa daldislocamento e dal distacco dalla famiglia e dal lavoro. Non è resapossibile da un mero atteggiamento spirituale, mentale o teologico. Èun effetto strutturale delle condizioni materiali di esistenza in cuisi svolge la prassi.

La strutturadell’itineranza crea il bisogno del centramento della persona inDio, posto che la persona non ha più una base nel normale reticolodei rapporti sociali e nel lavoro. In Dio si cerca il sostegno per ilcibo quotidiano, il senso delle cose che si fanno, si chiede a Lui diintervenire, si desidera che l’ordine del cielo si riversi in unordine nel mondo. L’itinerante pensa che solo Dio possa instauraregiustizia nella storia, non attribuisce a sé un ruolo, ha rinunciatoad avere un ruolo politico, se non quello dell’appelloall’intervento di Dio. La solitudine per la preghiera e percentrarsi in Dio è perciò una conseguenza necessaria, strutturaledella pratica di vita itinerante. Il bisogno della solitudine ècreato dalla logica sociale di una pratica di dislocazione che cercal’incontro diretto con la gente da una parte e l’intervento diDio dall’altra.

In questo modo, la nostraanalisi antropologica e storica va aldilà di una mera storia dellateologia, o di una mera storia del cristianesimo. La specificità diGesù sta nell’avere posto in essere una pratica di vita chenecessariamente crea messaggi e azioni. In questo modo, però,crediamo di avere dato indirettamente anche un contributo teologicorilevante. Una teologia cristiana non può proporre una dottrinacristiana se prima non ha proposto la pratica di vita di Gesù. Ideestaccate dalla pratica di vita di Gesù non sono di Gesù.

2. La relazione conDio

Per noi si tratta dicapire poco alla volta chi fosse Gesù, che tipo di uomo era, cheesperienze religiose aveva fatto. Che la “relazione al Padre”“fosse la relazione costituiva della persona di Gesù” (come diceLaurenzi a p. 50), se vuole dire che Gesù cercava in Dio il suofondamento e chiedeva rivelazioni a lui nella preghiera, ebbene,questo lo abbiamo ampiamente detto. Nel nostro libro affermiamo chela pratica di vita di Gesù ha per scopo il rendere possibile a Diodi intervenire nella vita concreta della gente. È un’affermazioneche crediamo importante. Normalmente, i molti libri che parlanodell’itineranza di Gesù non parlano dell’isolamento e dellapreghiera di Gesù e delle sue esperienze religiose più profonde.Rimproverarci quindi di non avere parlato della “ relazione di Gesùal Padre” ci sembra strano.

Invece di “relazione alPadre”, preferiamo parlare di pratiche di contatto con ilsoprannaturale, ma è solo una questione di parole. Ciascuno usa ilproprio “gergo”. In ogni caso, noi abbiamo cercato di trovarenella logica stessa della pratica di vita il radicarsi e anzi lacreazione stessa di forme religiose originali da parte di Gesù.L’analisi metodica delle fonti ci ha portato però a affermare chele esperienze religiose di Gesù, la sua preghiera e la ricercacostante di un contato con il soprannaturale, fossero in gran partesconosciuti agli stessi discepoli più vicini e siano difficilmentericostruibili storicamente. Non crediamo affatto che “negli scrittipiù antichi questa è la traccia più evidente” (pag. 50).L’esercizio critico sulle fonti qui è fondamentale.

È però vero che MariaCristina Laurenzi affronta un tema centrale: se la relazione con Diosia “la relazione costituiva della persona di Gesù”. Ora laquestione è se Gesù cercasse questa relazione come uomo religiosoche vuole adeguarsi in modo particolarmente intenso alla volontà diDio, per lui sconosciuta. In questo caso, Gesù tentava di scoprirela volontà di Dio mediante la preghiera e magari medianterivelazioni e visioni soprannaturali. Oppure bisogna pensare chequesta relazione con Dio fosse qualcos’altro? I vangeli di Marco,Luca e Matteo quando narrano la preghiera di Gesù nell’orto delGetzemani pensano chiaramente che Gesù pensasse che la sua vicendadovesse svolgersi in modo completamente diverso da come andò afinire. Gesù dovette fare uno sforzo straordinario per decidersi adaccordare la sua volontà a quella di Dio. Dobbiamo dedurne chequesti tre vangeli pensassero che Gesù per molto tempo si era fattoun’idea della volontà di Dio abbastanza diversa da quella che inrealtà era. Certo Gesù, da uomo religioso, voleva adeguarsi allavolontà di Dio, ma aveva anche propri desideri, propri sogni easpettative radicate nelle idee religiose del tempo, nella mitologiae immaginazioni della sua cultura giudaica (nella quale certo unruolo essenziale giocava anche la Sacra Scrittura, la Torah e iprofeti). Tutto stava nel coordinare la propria strategia allavolontà di Dio.

Il Vangelo di Giovanniaveva, invece, una visione ben diversa di Gesù e questo nel libroL’Uomo Gesù lo mettiamo in luce. La preghiera del Getzemani cosìimportante per i vangeli sinottici è del tutto cancellata nel suoracconto ed è sostituita da una preghiera dopo l’ultima cena, alcapitolo 17, che ha contenuti molto differenti. Gesù sa già tutto;non prega per sé. Il Vangelo di Giovanni ha una visione diversa delrapporto di Gesù con il “Padre”. Il problema dello storico èquindi quello di riuscire a comprendere quale fosse l’esperienza diGesù, visto che le fonti evangeliche sono così contraddittorie.

Il potere taumaturgicoche Gesù sembra sentisse nel suo corpo era per lui il punto diinizio, la base della sua esperienza di rapporto con Dio, autore diquesta potenza? Oppure dobbiamo scavare nelle convinzionidell’ambiente del suo maestro, Giovanni il battezzatore? Era inquell’ambiente che si imparava a cercare i segni della fine diquesto mondo, della quale si era peraltro certi? In quell’ambientele principali personaltà erano forse convinte di avere un ruoloparticolare per volontà divina? E come facevano a convincersene?Certo, il rito del battesimo con la rivelazione soprannaturale cheinveste Gesù va in questo senso e allora abbiamo cercato nel nostrolibro di vedere quali altre esperienze soprannaturali siano statefondamentali per Gesù (ad esempio la trasfigurazione). Ma qui non èla “relazione” con Dio come Padre che è costitutiva, quantopiuttosto la ricerca di una relazione con Dio. Lo scopo del nostrolibro è cercare come si possa dare una risposta, non presupponiamouna teologia particolare.

Siamo in disaccordoabbastanza forte sull’affermazione di Laurenzi: “i comportamenti– l’“immediato” – non sono mai trasparenti e univoci,l’annuncio è affidato alla predicazione per mezzo della parola,mentre il comportamento può accompagnarla come conferma, ma nonsostituirla”. A prescindere dal fatto che non abbiamo mai pensatoche la pratica di vita sostituisca il contenuto delle parole e delleaffermazioni di Gesù. Non lo abbiamo mai né detto, né suggerito.Il punto è che la pratica di vita non è mero “comportamento”.Quanto al fatto che i comportamenti “non sono mai trasparenti eunivoci” questo è vero, ma anche la predicazione e le parole nonsono mai trasparenti e univoche. Non vi è nulla che sia fatto oproferito che sfugga a questa condizione di non essere trasparente eunivoco. Il fatto è che Gesù ha sempre richiesto comportamenti enon semplici parole. Chi dice sì e poi non compie ciò che gli èstato detto di fare è oggetto di denuncia da parte di Gesù. Quandouna persona entrava in contatto con lui si trovava di fronte allarichiesta di un cambiamento nella pratica di vita, un cambiamentoeffettivo, non a “parole”. Che l’annuncio sia affidato allapredicazione è in qualche modo un truismo, visto che per annunciarebisogna parlare. Ma, attenzione, Gesù non è un predicatore.L’annuncio poi non è affatto affidato alla “predicazione”, maalla pratica di vita. Il primo messaggio è la pratica di vita.Chiedere a Dio “dacci oggi il nostro pane quotidiano” ha sensoall’interno della pratica di vita radicale di chi non lavora, nonpossiede, non ha casa e perciò aspetta da Dio, non dal propriolavoro, il sostentamento quotidiano. Le parole di Gesù acquistanosenso solo se sono ricollocate nel contesto preciso della sua praticadi vita. Devo dire che una lettura di Gesù spiritualistica,svincolata dalla sua pratica di vita, produce un tipo di religiositàche non si impegna concretamente e che è incapace di trasformare lavita degli uomini e delle chiese sul modello della radicalità dellapratica di vita di Gesù. Un Gesù troppo comodo, quellospiritualizzato.

Laurenzi scrive che laripresa della ricerca su Gesù non dipende soltanto dalle scoperte difonti prima ignote “che permette di inserire Gesù nel suo mondo,ma anche dalla domanda che ne deriva: come mai una persona concreta etotalmente inserita in un mondo limitato nel tempo e nello spazio siè fatta e si fa ascoltare in contesti culturali diversi elontanissimi?” (p. 52). Questo modo di impostare la questionepresuppone troppe affermazioni gravi. La prima è che il nostro librosi occupi della ricollocazione storica e non della valenza culturalestorica del personaggio. Ma è esattamente il contrario. Affinché aparlare oggi e a “farsi ascoltare” oggi sia il Gesù realmenteesistito e non una figura trasformata dalle teologie e dallespiritualizzanti successive, è necessaria una perpetua ricercaaccurata che lo riporti alla luce. E soprattutto riporti alla luce lasua straordinaria pratica di vita che – diciamolo francamente –non viene, se non molto raramente, presa ad ispirazione e messa inpratica dai molti teologi e teologhe che ne parlano oggi. Ritrovareperciò il Gesù storico aldilà delle incrostazioni e trasformazionidelle teologie cristiane è compito primario. L’altro presuppostoche forse sta dietro l’affermazione di Laurenzi è che la figura diGesù sia incomprensibile storicamente e la dimostrazione della suaimprendibilità (o unicità) storica starebbe nel fatto che Gesù sifa ascoltare ancora oggi. Crediamo che oggi queste affermazoni, cheforse Laurenzi non fa sue (ma ne parliamo in sé, e non percontrapposizione) siano pericolosissime. Budda è vissuto ben primadi Gesù e continua a farsi ascoltare oggi (e sarebbe urgente ancheuna ricerca sul Budda storico). Ne dobbiamo dedurre che èimprendibile storicamente, che la sua unicità sta a dimostrare lasua verità divina? Anche Mohammed si fa ascoltare oggi (e avremmoveramente bisogno di un Mohammed storico piuttosto di quello dellafede) e i sociologi misurano ogni anno se arriva il momento delsorpasso tra musulmani e cattolici. Agli inizi del VII secolo iteologi cristiani deducevano la verità del cristianesimo dalla suadiffusione nel mondo antico, ma di lì a poco l’Islam conquistòinteri territori prima cristiani e si diffuse dal Sud dell’Indiaalla Provenza. Per questo motivo noi crediamo che riportare alla lucela pratica di vita di Gesù sia uno dei contributi più efficaci allariscoperta della sua attualità culturale.

Postilla. Laurenziipotizza che Gesù non abbia mai scritto perché esisteva già laScrittura (le sacre Scritture ebraiche). Il fatto è che l’esegesici mostra che la Scrittura non gioca un ruolo centrale nellaesperienza religiosa di Gesù. Il che non significa che egli nonfosse profondamente imbevuto di cultura religiosa ebraica e che nonvivesse consapevolmente e profondamente all’interno di un mondo incui la Torah aveva un ruolo centrale. Gesù non ha mai spinto i suoidiscepoli a meditare la Scrittura, a fare riunioni di lettura dellaBibbia. Nessuna forma, per così dire, di lectio divina fa partedella esperienza del movimento di Gesù. Questo non vuol dire cheGesù fosse lontano dalla Sacra Scrittura o che lo fossero i suoidiscepoli. Ma la lettura, meditazione e studio dei testi biblici nonsembrano il centro, la molla, e il cardine della sua esperienzareligiosa.

3. Dodici tesi

In conclusione,aggiungiamo 12 tesi nelle quali riassumiamo alcuni aspetti per noifondamentali che possono essere ritrovate all’interno del nostrolibro e intorno ai quali si potrebbe forse accendere una discussione.

1. Il primo messaggio del Gesù storico è il suo stile di vita (itinerante, senza lavoro, senzafamiglia, senza casa e senza possedimenti). Una novità del libro stanel mettere in primo piano la pratica di vita di Gesù mentre altrilibri si concentrano sulle parole di Gesù o su alcuni eventiisolati.

2. Il Gesù storico era contrario alla romanizzazione della Terra di Israele e contro la romanizzazioneha fatto appello agli elementi centrali della sua cultura giudaica(in particolare l’idea del regno del Dio tradizionale degli ebreisu tutta la terra). Il suo annuncio del regno di Dio è una ripostagiudaica creativa alla romanizzazione. La sua risposta è statavincente, perché alla lunga il cristianesimo si è impadronitodell’Impero Romano.

3. Gesù era un uomo di villaggio che evitava le città (che erano ellenizzate e romanizzate)e frequentava solo i piccoli centri e le strade secondarie, perspingere gli ebrei alla conversione.

4. Gesù non crea una chiesa: il suo gruppo si incunea all’interno delle famiglie e non dà vita un’associazione autonoma e si rivolge solo agli Ebrei.

5. Il corpo di Gesù è il luogo principale dell’incontro della gente con lui (corpo normale, ma anche corpo taumaturgico, guaritore, corpo che riflette avolte una luce speciale che si manifesta nella trasfigurazione).

6. Non sappiamo nulladell’immagine fisica di Gesù, cancellata dall’immagine del corpodegradato e crocifisso e da quella del corpo risorto.

7. Gesù evita modi dicomunicazione indiretta (come la scrittura). Cerca di avere soloincontri diretti con le persone faccia a faccia e soprattutto atavola. La commensalità è per lui la manifestazione più altadella convivenza umana.

8. Gesù era un uomosolo. Certo, egli cercava sempre l’incontro della gente, maperiodicamente si isolava per momenti di solitudine, per pregare eper un contatto con Dio fatto di rivelazioni e visioni. Molto dallasua vicenda personale è rimasta perciò ignota ai suoi discepoli eai vangeli.

9. Gesù predicava Dio,ma gli uomini attirati dal suo messaggio e dalla sua potenza diguaritore cercavano lui. Gesù non voleva essere una guida di masse,ma le folle si coagulavano attorno a lui. Non voleva essere una guidapopolare, ma lo fu contro la sua volontà.

10. Gesù non controllavagli avvenimenti provocati dalla sua azione, voleva che il regno diDio si manifestasse mentre egli era ancora vivo, ma invece dovetteaccettare il destino doloroso della sua sconfitta e della sua morte,interpretandola come un volere di Dio.

11. Uno dei lasciti piùimportanti per la cultura dei secoli successivi era il suo modo di reagire interiormente alla sofferenza degli uomini. Gesù hainsegnato ai discepoli a provare le emozioni interiori che portano adagire a favore degli uomini.

12. I vangeli sonodocumenti storicamente attendibili, e su di essi si può ricostruirecon solidità la storia di Gesù. Vanno però sottoposti alla criticastorica perché contengono divergenze, non sono opere di testimonioculari e le occasioni storiche e geografiche in cui gli eventi dellavita di Gesù si svolsero sono per loro in genere incerte. Non solo ivangeli canonici, ma molte opere cristiane antiche sono utili perricostruire la vicenda storica di Gesù.