La riscoperta dell’ebraicità di Gesù. Un compito non finito
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- Pubblicato Domenica, 02 Novembre 2014 12:19
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Mauro Pesce
La riscoperta dell’ebraicità di Gesù. Un compito non finito
[Qol, nr 165, 2014, pp. 11-14]
Mauro Pesce
La riscoperta dell’ebraicità di Gesù. Un compito non finito
[Qol, nr 165, 2014, pp. 11-14]
1. La nostra generazione, nata all’inizio della seconda guerra mondiale, si avvia al termine. Fra i compiti che abbiamo voluto affrontare c’è stata la riscoperta e la difesa dell’ebraicità di Gesù. Per affrontare questo compito ci sono voluti lunghi anni di studio e una certa ricchezza di esperienze. Solo alla metà degli anni Settanta potevamo perciò cominciare ad affrontare in pubblico questo tema, dopo avere acquisito competenza nell’esegesi dei testi del primo cristianesimo e dell’ebraismo, ma anche di quella lunga storia cristiana di antisemitismo e antiebraismo, senza conoscere la quale sarebbe stato impossibile avere una consapevolezza sufficiente dei problemi da affrontare. Franca Ciccolo ha fatto parte di questa lunga esperienza della nostra generazione. Eravamo coetanei, assieme nella stessa facoltà di Filosofia di Roma. La sua morte non chiude la sua esperienza e i suoi sogni, come non chiude i nostri. Ma ci spinge a guardare indietro a quello che abbiamo fatto e che ancora è incompiuto come sull’orlo di una cima oltre la quale possiamo andare ancora solo per pochi anni. Le pagine che seguono sono perciò una sintesi non un’analisi e senza un apparato di note e di dimostrazioni. Una riflessione su una bibliografia immensa.[1]
Ripeto: sono necessarie tre competenze per affrontare il problema dell’ebraicità di Gesù: la competenza del biblista, quella dell’ebraista e quello dello storico del cristianesimo. Queste tre competenze devono coesistere nella stessa persona. Purtroppo molto esperti degli scritti contenuti nella collezione canonica del Nuovo Testamento (formatasi nel III secolo) non hanno una conoscenza adeguata della storia del cristianesimo perché pensano che basti la conoscenza della teologia attuale della propria chiesa per capire cosa è stato storicamente il cristianesimo e questo è un errore fatale che preclude la comprensione di tutto il fenomeno.
Ma oltre queste tre competenze fu per noi necessario un atteggiamento di autocritica, una disponibilità a criticare se stessi, a rivedere le proprie posizioni con un processo di conoscenza lungo e difficile e a volte doloroso o austero. Le difficoltà maggiori che abbiamo incontrato nel processo di riscoperta dell’ebraicità di Gesù sono venute da un fronte variegato ed esteso di teologi e presbiteri cattolici italiani che hanno dimostrato una sostanziale incapacità ad esercitare un sufficiente grado di spirito autocritico verso la propria tradizione, confondendo il cristianesimo con le proprie teologie e con i propri assetti istituzionali recenti. Questa mancanza di spirito autocritico è aumentato nell’ultimo periodo del pontificato del papa polacco e di quello di Joseph Ratzinger.
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