Recensione del libro di Flores d'Arcais su Gesù
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- Pubblicato Mercoledì, 19 Settembre 2012 19:32
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Mauro Pesce*
in "il Fatto Quotidiano" del 24 agosto 2011
Tornare a scrivere di Gesù e interrogarsi sul suo messaggio è oggi un dovere civile. Due sono i motivi: la crisi morale italiana che esige il ritorno ai grandi fondamenti etici della nostra cultura, e la straordinaria ricerca storica su Gesù che appassiona i grandi centri di ricerca internazionali da decenni. Sembra però che le tendenze conservatrici del cattolicesimo italiano non amino né l'idea di una rifondazione della chiesa a immagine di Gesù, né un dibattito scientifico che sta portando sempre più ampi settori a porsi domande ineludibili per tutti.
HO SCRITTO qualche anno fa insieme ad Adriana Destro sull'urgenza di riscoprire la figura storica di Gesù e anzitutto alla sua prassi radicale di vita, che fu il suo primo messaggio. Ai potenti non chiedeva spazio politico o sostegno economico, tacendo per interesse sulle loro malefatte. Li invitava alla conversione, chiedeva di vendere tutto e riparare alle frodi su cui era basata la loro ricchezza. Paolo Flores d'Arcais si occupa da tempo della ricerca storica ed esegetica su Gesù e ne ha una conoscenza molto approfondita. Con questa breve e icastica sintesi però Flores non ha voluto presentare una analitica. Si propone soltanto di mostrare che i due libri del Papa attuale su Gesù non corrispondono - a suo giudizio - alla ricerca scientifica degli ultimi cento anni. Come se J. Ratzinger evitasse in realtà i grandi problemi che hanno appassionato la ricerca e alimentato il dibattito.
Flores vuole farsi portavoce dell'esegesi scientifica del Novecento nelle sue acquisizioni e nei suoi problemi. Il risultato complessivo è ben riassunto alla fine del libro: "Gesù non è mai stato cristiano. Non si è mai proclamato messia. Era un profeta ebraico apocalittico itinerante, che annunciava nei villaggi della Galilea la prossima fine del mondo e l'incombente trionfo del regno dove gli ultimi saranno i primi. I romani lo giustiziano sulla croce insieme a due sovversivi. I suoi discepoli finiscono per convincersi che è ancora ‘in mezzo a loro'. La loro fede tutta ebraica fa però proseliti soprattutto fra i ‘gentili'. Le comunità che professano Gesù risorto, sempre più spesso ‘greche', si moltiplicano lungo tre secoli adottando forme teologiche sempre più variegate e tra loro incompatibili. Solo l'intervento del potere imperiale, che impone il ‘cristianesimo' come religione di Stato, porterà a unificare quel caleidoscopio di fedi, tra conflitti spesso sanguinosi".
COMINCIAMO dall'essenziale: 1. Gesù era un ebreo che rimase tale, 2. Egli annunciava il regno di Dio, come qualcosa che avrebbe dovuto verificarsi di lì a poco, 3. Il regno di Dio annunciato da Gesù sarebbe stato instaurato solo da Dio e senza alcuna partecipazione e contributo politico dei suoi. Su questi tre punti mi trovo d'accordo. Poi Flores nega che Gesù avrebbe mai potuto accettare le formulazioni cristo-logiche di Nicea che fanno di Gesù un Dio. Nell'esegesi del Novecento c'è chi ha parlato di tradimento e di ellenizzazione del messaggio ebraico di Gesù, ma anche chi, pur consapevole dell'enorme distanza tra Nicea e Gesù, ha cercato di individuare gli inizi della cristologia di Nicea nel messaggio o almeno nel comportamento di Gesù.
Flores poi affronta una serie impressionante di questioni centrali ed è bene che i lettori siano posti di fronte alla necessità di prendere posizione con interrogazione critica: Gesù si credeva messia? Come i seguaci di Gesù si sono convinti della sua risurrezione? Perché sono nate così tante e così diverse comunità di seguaci di Gesù? Perché la divergenza così radicale tra le forme originarie del cristianesimo è stata superata grazie a un intervento politico imperiale?
LA DOMANDA sulla fedeltà a Gesù della grande chiesa è oggi sempre di più posta da molti
studiosi e specialisti. Perché i più fedeli seguaci ebrei di Gesù sono stati marginalizzati nella chiesa successiva? Fino a che punto i testi evangelici sono stati mutati dalla teologia cristiana durante i primi secoli per renderli più coerenti che il dogma cristiano? (Qui le ricerche di Bart Ehrman sono fondamentali per Flores). L'immagine storica di Gesù non è forse riflessa più fedelmente nel Corano che nelle formulazioni dogmatiche della chiesa antica? Quest'ultima questione è oggi di centrale rilevanza. E Flores ha il merito di porla sulla base di ricerche di S.Pines non sempre ben conosciute in Italia. Se questo libro servirà allo scopo di porre domande ineludibili avrà compiuto quella che a me sembra l'esigenza più urgente: interrogarsi e discutere criticamente di questi problemi in pubblico. Solo negli ultimi cinque anni, del resto, sono usciti circa 150 libri di valore scientifico su Gesù. È tempo che la cultura italiana ne prenda atto.
*Professore di Storia del cristianesimo all'Università di Bologna, autore con Adriana Destro di
"L'Uomo Gesù", Mondadori, 2008