La pratica di vita come base per ricostruire il Gesù storico

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Maria Cristina Laurenzi

scrive su Segno

(XXV, n.305-306, maggio giugno 2009)

- il mensile di Palermo diretto da NIno Fasullo S.J. -

un intervento sul  libro di

Adriana Destro e Mauro Pesce 

L’Uomo Gesù

(Milano, Mondadori, 2008).

Anzitutto la ringraziamo per il tempo che ha voluto dedicarci. 


    Uno degli intenti fondamentali de L’Uomo Gesù è mostrare che è possibile una ricostruzione storica della figura di Gesù se ci si basa su un elemento che a nostro parere è difficilmente contestabile: la pratica di vita.

Si è a lungo dibattuto se sia possibile o no una ricostruzione storica della figura di Gesù, posto che le fonti che ce ne parlano sembrano a molti fondamentalmente inficiate da convinzioni formatesi dopo la sua morte.

E.P.Sanders più di vent’anni fa, partiva con l’accettare il fatto che una ricostruzione storica basata solo sulle parole attribuite a Gesù nei vangeli non costituiva un base storica sicura, perché le parole erano state troppo fortemente modificate dalla tradizione successiva. Sanders proponeva di basarsi quindi sull’esame delle azioni più sicuramente attribuibili a Gesù. Ne fece un elenco e stabilì anche una scala di attendibilità storica.

Noi sosteniamo che una ricostruzione della fisionomia storica di Gesù è possibile. E questo è già un elemento centrale del nostro libro. Ma, sulla base di una visione che proviene dall’antropologia culturale, alla quale Sanders non era particolarmente sensibile, sosteniamo che questa possibilità di ricostruzione storica è data dalla pratica di vita, non dalle semplici azioni.