Un libro al giorno numero 3. Riccardo Maisano, Filologia del Nuovo Testamento. La tradizione e la trasmissione dei testi , Roma, Carocci, 2014

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Riccardo Maisano, Filologia del Nuovo Testamento. La tradizione e la trasmissione dei testi (Manuali universitari 153, Filologia), Roma, Carocci, 2014, 183 pp. € 16,00.

Fa molto piacere vedere proliferare un numero sempre maggiore di studi sui testi dei primi seguaci di Gesù. È perciò con gratitudine per l’editore Carocci e per l’autore Riccardo Maisano che leggo questo nuovo libro. Si tratta di un’opera breve, divisa in due parti. La prima è una presentazione sintetica dei contenuti dei 27 scritti di quella collezione canonica, normativa, di opere di seguaci di Gesù, formatasi all’inizio circa del III secolo chiamata correntemente Nuovo Testamento. La seconda, invece, riguarda le testimonianze testuali attraverso cui i 27 scritti riuniti del Nuovo Testamento ci sono pervenuti. Una sintetica presentazione dei papiri e dei principali manoscritti, delle traduzioni in lingue antiche per arrivare ad una storia delle “edizioni a stampa”.

            Maisano, nato nel 1947, è uno specialista affermato e noto soprattutto nell’ambito della filologia bizantina, ma dedica non di rado contributi allo studio dei primi scritti dei seguaci di Gesù. Nelle sue pagine si respira il prodotto di un’intelligenza critica e libera. I testi del Nuovo Testamento sono affrontati da un punto di vista eminentemente storico non dogmatico e confessionale, anche se - invece di scrivere una storia di tutti gli scritti dei seguaci di Gesù dei primi due secoli - l'aautore ha voluto limitarsi entro le mura canoniche del Nuovo Testamento. Ma ciò è in parte dovuto alla disciplina che insegna “filologia neotestamentaria” debitrice nella sua titolatura ad un’impostazione di carattere teologico-confessionale che si “salva” grazie al sostantivo “filologia”. Forse bisognerebbe cambiare il titolo alla disciplina per renderla più adeguata al suo statuto epistemologico di natura filologica. Maisano vede i testi nei loro contenuti storici e non indulge ad una lettura meramente narrativa cercando invece con forza e acume le loro fonti storiche e mostrando come esse siano state rielaborate dagli autori.

            Maisano dice di volersi rivolgere “a un pubblico non specialista” per diffondere “aspetti della disciplina che possono essere meno familiari” (pag. 9). Ma conosce una letteratura scientifica recentissima e sicura (ad esempio J.Klopenborg; W.E. Arnal, G. Theissen) e utilizza anche specialisti italiani come, tra gli altri, E.Norelli e il nostro volume sulla trasmissione della parole di Gesù. Fa molto piacere che abbia usato i lavori di valentissimi giovani studiosi come D.Tripaldi per l’Apocalisse, L. Walt per Paolo, M.Grosso per il vangelo di Tommaso.

            Una parte che mi sembra stimolante e creativa è quella sulle fonti dei vangeli in cui Maisano esercita con libertà – rispetto alla ricerca attuale - la sua capacità e acume critici. Sono queste le doti di un docente che possono spingere dei giovani a diventare a loro volta storici e filologi liberi e creativi. Le osservazioni di Maisano sono tutte stimolanti e intelligenti. Il giovane studioso viene immesso nella grande questione di una delle fonti dei vangeli: il cosiddetto racconto della passione. Forse era meglio non limitare la discussione delle fonti dei vangeli solo al racconto di passione e alle collezioni di parole o informare sul dibattitto circa molteplicità dei racconti di passione (ad esempio tra J.D.Crossan Who killed Jesus e R.E. Brown La morte del messia). Inclino a pensare che le variazioni dei racconti di passione tra Giovanni e Marco non siano solo variazioni teologiche su un documento comune, ma dipendano da differenti fonti di informazione indipendenti. Ma tutto ciò è secondario, rispetto all’attegiamento critico e creativo di queste pagine.

L’autore fa riferimento anche ad un suo importante saggio “il tema del rapporto del potere politico nelle prima fasi redeazionali del Nuovo Testamento”, in cui presenta l’ipotesi di un sottofondo politico indiretto di alcuni passi evangelici. Le ipotesi ingegnose sono quelle servono maggiormente a stimolare l’indagine.

L’unico punto in cui non sono d’accordo è quando Maisano scrive che “è necessario [… ] evitare di mettere in modo aprioristico e acritico sullo stesso piano testimonianze canoniche e apocrife quando ci si sofferma sull’analisi del contenuto storico o dottrinale dei testi. Una lettura anche solo parziale dei testi apocrifi rivela nella maggior parte dei casi la loro natura secondaria, la dipendenza dalle fonti primarie per i materiali già noti e il ricorso a elementi leggendari, tendenziosi o tardivi per i materiali ignoti alle fonti precedenti” (pag. 82). Come può reagire un giovane studioso italiano che legge? È vero che “è necessario [… ] evitare di mettere in modo aprioristico e acritico sullo stesso piano testimonianze canoniche e apocrife”. Procedere “in modo aprioristico e acritico” è sbagliato sempre, ma negli studi specialistici internazionali questo non avviene, semmai solo in una produzione romanzesca o dilettantesca.   Esiste un dibattitto serio, ad esempio, sull’indipendenza di materiali dei cosiddetti vangeli giudeo-cristiani da quelli confluiti nei vangeli che saranno poi considerati canonici. Esiste un dibattitto acceso sui rapporti tra i vangeli di Giovanni e di Matteo da una parte e l’Ascensione di Isaia dall’altra, come anche tra Didaché e Vangelo di Matteo e si tratta solo di esempi in una foresta di casi. Elementi narrativi “leggendari” esistono peraltro anche in Marco e in Matteo. Ma di questo gli studi iniziati alla fine degli anni Settatta per impulso della AELAC offronto ormai tante e tante ricerche accurate. In molti passi, Tommaso è essenziale per la ricostruzione delle fasi pre-sinotttiche di elementi importanti (penso ad esempio alla parabola dei vignaioli omicidi o a quella del banchetto). In sostanza, il problema che oggi abbiamo di fronte è quello di esaminare elemento per elemento tutto il materiale testuale a disposizione cercando di ricostruire la complessissima storia di relazioni reciproche. Ma questo Maisano, che è studioso di vaglia, lo sa. Egli del resto ha il merito di indicare gli scritti di H.Koester e anche di E. Norelli che è uno dei propugnatori del nuovo paradigma che assegna importanza ai cosiddetti apocrifi per la ricostruzione del Gesù storico.

            La seconda parte del libro (insieme al dibattitto sulle fonti dei vangeli) è a mio avviso forse quella strategicamente più utile per lo sviluppo in Italia di discipline filologiche che si occupino della trasmissione dei testi proto-cristiani e in questo campo Maisano dispiega la sua ampia competenza. Del resto, è proprio questo uno degli ambiti di ricerca in maggiore sviluppo. Il suo libro informa anche sulle iniziative scientifiche internazionali al riguardo. Ringraziamo perciò Maisano per il lavoro che svolge in questo campo. La nascita e lo sviluppo delle scienze filologiche in relazione ai testi biblici è uno dei fenomeni storici più significativi per comprendere l’impatto della modernità sulle religioni dall’inizio del Quattrocento ad oggi. Al livello della storia della disciplina “filologia netestamentaria”, fa ad esempio piacere che sia stato recentemente ripubblicato in traduzione inglese: Richard Simon, Critical History of the Text of the New Testament. Translated, Introduced, and Annotaded by Andrew Hunwick (Leiden, Brill, 2013).