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Pubblicazioni di Antropologia delle origini cristiane di A. Destro e M. Pesce

Dettagli
Categoria: Bibliografia Pesce Mauro - Adriana Destro
Pubblicato Giovedì, 13 Settembre 2012 19:10
Visite: 7561

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 Adriana Destro - Mauro Pesce

Books and articles of  Anthropology of early Christianity and religions written together

Books

Antropologia delle origini cristiane, Bari-Roma, Laterza 1995 (2° ed. 1997; 3° ed. 2005; 4a edizione 2008: Economica Laterza)

Come nasce una religione. Antropologia e esegesi del Vangelo di Giovanni, Bari-Roma, Laterza, 2000.

Traduzione spagnola: Cómo nació el cristianismo joánico. Antropología y exégesis del Evangelio de Juan, Sal Terrae, Santander, 2002.

 

A.Destro and M.Pesce (Eds.), Religions and Cultures, New York, Global Publications, 2000.

 

A.Destro and M.Pesce (Eds.), Ritual and Ethics. Patterns of Repentance, Judaism, Christianity, Islam. Second International Conferente of Mediterraneum, Peeters, Leuven, 2004.

 

Forme culturali del cristianesimo nascente, Brescia Morcelliana, 2006 (seconda edizione 2008).

Traduzione brasiliana: Formas Culturais do Cristianismo Nascente, Editoria Santuário, Aparecida SP, 2010.

 

L’Uomo Gesù. Luoghi, giorni, incontri di una vita, Milano, Mondadori, 2008.

Traduzione americana: Encounters with Jesus. The Man in His Place and Time, Minneapolis, Fortress Press, 2011

 

La Morte di Gesù. Indagine su un mistero, Milano, Rizzoli, 2014.

Traduzione spagnola: La muerte de Jesús. Investigación de un misterio, Estrella, Editorial Verbo Divino, 2015.

 

Il racconto e la Scrittura. Introduzione alla lettura dei vangeli, Roma, Carocci, 2014

Traduction française: Le récit et l’écriture. Introductiuon à la lecture des évangiles, Génève, Labor et Fides, 2016.

 

Adriana Destro – Mauro Pesce, Dentro e fuori le case. Le donne dal movimento di Gesù alle prime chiese, Bologna, EDB, 2016.

 

Adriana Destro – Mauro Pesce, From Jesus to the First Groups of His Followers. Continuity and Discontinuity. Anthropological and Historical Perspectives, Leiden, Brill, 2017.

 

Adriana Destro – Mauro Pesce, La lavanda dei piedi. Significati eversivi di un gesto, Bologna, EDB, 2017.

 

A. Destro - M. Pesce (eds.), With the collaboration of Mara Rescio, Luigi Walt, Emiliano Rubens Urciuoli, and Andrea Annese; Texts, Practices, and Groups. Multidisciplinary Approaches to the History of Jesus Followers in the first two centuries. First Annual Meeting of Bertinoro (2-4 October 2014), Turnhout, Brepols, 2017

 

Articles

 

Il rito ebraico di Kippur: Il sangue nel tempio, il peccato nel deserto, in: Interpretazione e Perdono. Atti del Dodicesimo Colloquio sull'interpretazione (Macerata, 18-19 marzo 1991), a cura di Giuseppe Galli, Genova, Marietti 1992, 47-73.

Gesù, sua madre, i fratelli e i suoi discepoli nel Vangelo di Giovanni, in: L.Padovese (a cura di), Atti del III simposio di Efeso su S.Giovanni Apostolo , Roma Pontificio Ateneo Antoniano, 1993, 49-82.

Giudei e Gentili, Elleni e Barbari. Come Paolo confrontava le culture. In: L.Padovese (a cura di), Atti del I Simposio di Tarso su S.Paolo apostolo (Turchia: La Chiesa e la sua storia, V), Roma, Pontificio Ateneo Antoniano, 1993, 65-103.

Conflitti di integrazione: la prima chiesa e la comunità ebraica nella polis, in: L.Padovese, a cura di,Atti del IV Simposio di Efeso su S.Giovanni apostolo (Turchia: La Chiesa e la sua storia, VI), Roma, Pontificio Ateneo Antoniano, 1994, 105-138.

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Sette tesi di Storia del Cristianesimo

Dettagli
Categoria: Documenti
Pubblicato Sabato, 10 Novembre 2018 15:17
Visite: 5339
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Mauro Pesce,

Sette tesi sulla storia del cristianesimo

(le sette tesi corrispondono ai sette capitoli del libro: Il cristianesimo, Gesù e la modernità. Una relazione complessa, Roma, Carocci, 2018. Ogni punto sintetizza in modo molto rapido il cntenuto del relativo capitolo del libro)

1. Ci si può domandare se sia opportuno considerare la modernità come un insieme sistemico (più che un’età o un mero periodo cronologico) che si propone di sostituire a sua volta il sistema simbolico cristiano con un nuovo sistema simbolico a partire dalle nuove basi epistemologiche e politiche moderne o se invece la modernità sia soltanto riuscita a creare un momento dialettico, un critica interna alla cultura cristiana e se anche le formulazioni più radicali dell’illuminismo non siano che un movimento di critica radicale, che continua però a muoversi all’interno del sistema simbolico cristiano. Bisogna allora pensare che solo con la scienza contemporanea (dall’evoluzionismo all’astronomia) solo con le scienze umane (in particolare la psicologia e la psicanalisi e gli studi cognitivi) e con determinante correnti dell’arte contemporanea e con la globalizzazione dell’intero sistema culturale planetario, si comincerebbe oggi a delineare un sistema simbolico alternativo e sostitutivo di quello cristiano? La modernità è caratterizzata da svolte radicali nella storia umana, ma anche dalla costante dualità con i sistemi simbolici religiosi che non riesce a sostituire. Il cristianesimo assorbe la modernità e ne è assorbito. Un costante e irrisolto conflitto?           

2. Uno degli aspetti in cui si vede più chiaramente l’allontanamento dall’ebreo Gesù da parte delle chiese cristiane e anche la formazione di una religione, il cristianesimo, che si contrappone polemicamente all’ebraismo è la nascita del concetto di “Antico Testamento” usato per definire le sacre scritture giudaiche. D’altra parte, è con l’inizio dell’età moderna che nascono studi che arrivano fino ad oggi nei quali si fa luce con estrema chiarezza la natura ebraica, non-cristiana, delle scare scritture giudaiche, grazie allo svulippo della filologia e del metodo storico, ma anche grazie alla presenza, accettata nella società civile, di studiosi ebrei. Per uno storico e un filologo, che i testi contenuti nelle sacre scritture giudaiche siano chiamati “Antico Testamento” appare non giustificabile dal punto di vista esegetico, storico, di storia delle religioni o di comprensione antropologica delle culture. Dal punto di vista dei metodi di conoscenza oggi accettabili in campo internazionale nell’ambito della ricerca scientifica, i testi contenuti nelle scritture giudaiche non sono né Primo Testamento, né Antico Testamento, ambedue concezioni teologiche anacronistiche. Esse appaiono invece come testi considerati dai Giudei del mondo antico come variamente utili e normativi per i loro gruppi sociali.

3. Lo storico del cristianesimo deve elaborare un sistema concettuale per comprendere questa dinamica tra ineliminabile pluralità e ineliminabile esigenza di verità, in sostanza un insieme di categorie storiografiche che rinunci per sempre al concetto di eresia. Ma per far questo dovrà meditare a quale statuto epistemologico fare appello. A quello della storia delle religioni? A quello dell’antropologia culturale? Oppure, sulla strada della École des Hautes Études en Sciences Sociales fondata negli anni Settanta, ad una scienza storica aperta ad ambedue? Oppure semplicemente ad un metodo storico che abbandoni la funzione ancillare rispetto alle teologie o ad una religione?

4. Galileo distingue la natura dalla Scrittura da un punto di vista essenzialmente epistemologico e perviene così non solo a distinguere scienza da religione, ma ad individuare, seppure implicitamente, la natura propria di ciò che è religione.

5. In queste pagine mi sono proposto di appurare i percorsi storici di due concezioni tipiche della tolleranza religiosa, all'interno delle forme storiche del monoteismo giudaico e cristiano: la concezione per la quale ogni atto di culto a Dio deve essere libero ed esente da costrizione, e quella per la quale sarebbero legittime, da un punto di vista religioso, diverse strade, diverse religioni o modi di adorare Dio. Il fatto che la Bibbia ebraica e cristiana non sia la radice da cui nasce la tolleranza religiosa non ha impedito ai teorici ebrei e cristiani di riconoscere giustificazioni bibliche della tolleranza. Ciò significa che essi percepivano la Bibbia e la propria tradizione religiosa come coerente con gli ideali di tolleranza e pluralismo religioso che trovavano nella prassi e nelle teorie del loro tempo. I sistemi religiosi monoteisti si rivelano perciò aperti, complessi, in costante dialogo con ogni aspetto della prassi e delle concezioni circostanti. Essi sono, lo ripetiamo, quello che gli uomini volta a volta ne fanno.

6. I mutamenti delle religioni negli ultimi secoli dipendono in gran parte dal fatto che esse sono costrette a reagire all’impatto della modernità. Le religioni attuali, le loro correnti e i loro movimenti non sono affatto autonomi rispetto alla modernità. Al contrarrio essi sono forme diverse (e divergenti fra loro) di reagire ad essa e riformulano i nuclei essenziali dell’esperienza storica della religione cui appartengono alla luce dei fattori principali della modernità, e in dialettica con essi.

7. Mi sembra chiaro che sono molti i motivi per cui tutto l’insieme della teologia tradizionale è in crisi. La sacra Scrittura diviene criterio di critica perché, in alcuni casi, è sottratta alla teologia tradizionale e al dogma (che non vengono più considerati chiavi di interpretazione necessaria). La filologia e il metodo storico diventano base epistemologica nuova che però solo in alcuni casi diventa criterio critico intepretaztivo della Sacra Scrittura. La filosofia è usata come criterio di verita con cui indagare sui temi posti dalla teologia e dal dogma. La filosofia è però strettamente influenzata dalla nuova scienza che pone a sua volta in crisi non solo Scrittura teologia e dogma, ma anche la filosofia tradizionale soprattuto aristotelica e platonica. A questi quattro fattori si affianca poi una nuova prospettiva ebraica, e il comparativismo religioso.

La dialettica tra principio filosofico e metodo storico da un lato e pretesa di una rivelazione divina depositata nelle sacre Scritture dall’altro continua incessantemente in età moderna e non porta ad una vittoria di nessuna delle due parti nel senso che l’applicazione del principio filologico storico è inarrestabile, ma la pretesa di rivelazione divina del testo sacro è per le chiese ugualmente irrinunciabile.

Esegesi dei vangeli? little exegetical howl

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Pubblicato Domenica, 13 Maggio 2018 11:27
Visite: 3721

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“Le nebbie della notte hanno lasciato una freschezza vivida in cui si disperdono il nauseabondo odore d’ammoniaca di escrementi di pollo, il nauseabondo fetore della stoppia vecchia, il lezzo dell’immondizia marcita – stracci, la mandibola di un vitello squamosa di grosse mosche lucenti – che si raccoglie ovunque le piogge abbiano creato buche nel terreno tra le capanne. Le donne stendono le pezze di cotone in cui avvolgono se stesse e i loro poppanti. Un sole forte e vivido rinfresca il tessuto che sa di muffa. Fa splendere l’erba dei tetti e rende i muri di fango di un ocra dorato; la sostanza di cui sono fatte le case prende vita. In questo momento del suo arco di tempo, delle sue stagioni, il villaggio coincide con il momento generico del villaggio del fotografo, quello visto da distante, i cerchi attorniati dal paesaggio, quello tenuto nella mano panteistica, la singola comunità di uomo-e-natura-in-Africa riprodotta con raffinati procedimenti di fotoincisione in Olanda e in Svizzera” (Nadine Gordimer, Luglio, Feltrinelli, Milano, 1997, p. 172; or. July’s Peole, 1981).

Ogni letteratura è questo, non capite, esegeti dei vangeli?

Ogni letteratura trasforma, leviga, omette odori, muffe, sporcizia, realtà concreta.

Anche i vangeli sono così, omettono la realtà concreta dei villaggi che Gesù viveva e vedeva, pensava, e teneva sempre di fronte agli occhi al naso, alla bocca, ai piedi.

Ma da decenni i preti cattolici italiani ci stanno dicendo che i vangeli vanno letti con gli occhi della fede perché sono stati scritti nella fede. Non vanno letti nella realtà che li hanno generati, ma nella fede di persone che vivono duemila anni dopo senza alcun rapporto con la realtà di povertà, di sofferenza concreta, senza la percezione del contrasto radicale che Gesù vedeva tra quella realtà e quella che egli pensava essere la volontà di Dio.

Anche i vangeli letti dall’esegesi narrativa letteraria teologica vedono i villaggi della terra di Israele in un “momento generico” come un “villaggio del fotografo della fede”, “visto da lontano”, “ tenuto nella mano del Dio teologo della chiesa”, fotografia “riprodotta con raffinati procedimenti” teologici delle teologie che dipendono dai concili cristologici e dalle rielaborazioni ratzingheriane antilluministiche.

I vangeli come li leggono questi esegeti, rappresentano la vicenda di Gesù avendo in mente spesso un cittadino romano ricco integrato nell’impero e sono preoccupati non della sua concreta condotta sociale quanto piuttosto della sua salvezza ultraterrena. Spesso questi esegeti preti cattolici italiani hanno il solo problema di combattere un presunto illumunismo,”la ragione illuminista” di intellettuali di classe alte. Pensano la fede come un atto di ragione che dovrebbe essere liberato dalla critica storica. Il loro problema è di mettere un luce una fede senza corpo materiale, fatto di ossequio alle istituzioni ecclesiastiche e ai suoi riti.

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