Il libro l’Uomo Gesù e la odierna necessità di una ricerca sul Gesù storico

Condividi questo articolo

Premessa

Una ricerca che tenti, pur con approssimazione, di ricostruire la fisionomia storica di Gesù è necessaria e inevitabile per due ragioni.

            La prima sta nella natura dei documenti che abbiamo a disposizione. La documentazione che abbiamo per conoscere Gesù consiste essenzialmente in testi. Tuttavia non riproducono mai semplicemente i fatti. Li propongono servendosi di punti di vista e dischemi interpretativi.

Il secondo aspetto che rende necessaria una ricerca sulla figura storica di Gesù è la divergenza tra i documenti che abbiamo a disposizione. Sono le differenze tra i vangeli che obbligano a domandarsi quali fossero le parole pronunciate da Gesù o gli atti da lui compiuti.

Adriana Destro - Mauro Pesce

Il libro l’Uomo Gesù e la odierna necessità di una ricerca sul Gesù storico

 

1. Necessità e fecondità di una ricerca sul Gesù storico.

  Anche in Italia si va sempre più diffondendo l’esigenza di ritrovare la figura storica di Gesù. Di fronte a questo rinnovato interesse che si manifesta molto profondamente anche tra i non specialisti, alcuni affermano che i libri che cercano di ricostruire la figura storica di Gesù sarebbero in fondo poco utili perché presentano immagini sempre diverse di lui.[1] Altri arrivano addirittura ad affermare che la ricerca storica, su Gesù, proprio per questo sarebbe fallita. Ma in realtà le ricerche storiche offrono sempre aspetti parziali, punti di vista e non pretendono di essere assolutamente vere e definitive in ogni loro aspetto. L’importante che in esse sia seguito un metodo rigoroso, verificabile e che ciascun elemento messo in luce aiuti a raggiungere una conoscenza maggiore. La ricerca storica è sempre settoriale, ma non superflua. Del resto, questa è la condizione della conoscenza umana: sempre prospettica, ma necessaria. L’alternativa non è tra verità assoluta e errore, ma tra risultati più o meno convincenti. Antropologi e storici sono consapevoli che le proprie ricostruzioni sono provvisorie e dipendono da punti di vista e obiettivi precisi. Ma è proprio questa ineliminabile soggettività che dà valore alla ricerca e che suscita l’energia di altre indagini.



[1] Così ad esempio afferma più volte il giornalista e scrittore cattolico Vittorio Messori.

 
 

La ricerca sul Gesù storico è in pieno sviluppo con un enorme quantità di studi particolari in cui esegesi, filologia, storia, archeologia, sociologia e antropologia culturale convergono per fornire sempre nuovi dati, prospettive e rappresentazioni complessive. Si tratta di migliaia di specialisti che portano avanti le loro laboriose indagini. È una ricerca che da segni di vita forte anche per il futuro.

La nostra ricostruzione, nel libro L’uomo Gesù,[1] si è servita di diversi strumenti: l’analisi esegetica dei testi, l’interrogazione dell’antropologia culturale che aiuta a collocare la vita di una persona o di un gruppo in precisi contesti sociali nei quali i gesti e le parole acquistano il loro significato. Ma ci siamo serviti anche dei risultati dell’archeologia, della storia delle religiosi e della storia sociale e politica del mondo antico. Quest’attenzione al contesto territoriale e culturale osservato con i punti di vista offerti da tante correnti dell’antropologia culturale di oggi (relativa a spazi,[2] rapporti tra persone,[3] scambi corporali,[4] emozioni,[5] ecc) ci permette ad esempio di affermare con una certa sicurezza che Gesù era un uomo di villaggio, nel senso che stava lontano dalle città in cui vedeva dominare troppo la prospettiva della romanizzazione crescente nella sua terra. E’ un acquisizione decisiva per comprendere Gesù.

Nella nostra ricostruzione ci serviamo ovviamente dei testi del primo cristianesimo che oggi sono al centro di un vivace dibattito. Alcuni sostengono la loro pressoché totale inaffidabilità: sarebbero delle costruzioni religiose, più che documenti storici attendibili. All’opposto sta una posizione che difende la assoluta verità storica dei testi canonici contenuti nel Nuovo Testamento spingendosi fino a mettere in ombra le loro diversità e divergenze. Noi siamo invece convinti che i testi del primo cristianesimo siano in genere storicamente affidabili, ma devono essere sottoposti ad una prolungata ed accurata valutazione da parte della normale critica storica.

Una ricerca che tenti, pur con approssimazione, di ricostruire la fisionomia storica di Gesù è necessaria e inevitabile per due ragioni.

La prima sta nella natura dei documenti che abbiamo a disposizione. La documentazione che abbiamo per conoscere Gesù consiste essenzialmente in testi. Tutti i testi sono prodotti culturali, e quelli scritti sono uno degli strumenti più raffinati che la cultura umana abbia mai prodotto. Tuttavia non riproducono mai semplicemente i fatti. Li propongono servendosi di punti di vista e dischemi interpretativi. Offrono visioni o aprono spiragli in primo luogo sugli autori e sui loro progetti. Tra la realtà storica e i testi che la documentano c’è dunque una certa differenza che è ineliminabile. E ciò rende necessaria un’analisi critica della natura dei documenti e dei loro percorsi o schemi intellettuali. Le fonti del primo cristianesimo non sono documenti di archivio. Non sono neppure opere di produzione romanzesca o fantastica e neppure filosofica. Sono espressione di persone e di gruppi umani che in essi si sono rispecchiati e hanno costruito la propria memoria e le proprie convinzioni. Non sono testi neutri, perché prendono posizione, si schierano. Ma sono veritieri, in quanto riproducono le autentiche credenze o i punti di vista di natura religiosa di chi li ha scritti. Va però osservato che non esiste materiale incontaminato o totalmente autentico. Questa necessaria interdipendenza tra memoria e oblio, tra dire e tacere, tra il sottolineare la propria convinzione e lasciare in ombra le altre, non deve essere né occultata né sopravvalutata. È infatti ovvio che una narrazione concentri la propria attenzione su elementi giudicati rilevanti dal suo autore in base ai fini, sempre parziali, che si proponeva.

Il secondo aspetto che rende necessaria una ricerca sulla figura storica di Gesù è la divergenza tra i documenti che abbiamo a disposizione. Sono le differenze tra i vangeli che obbligano a domandarsi quali fossero le parole pronunciate da Gesù o gli atti da lui compiuti.

Qui ci limitiamo ad alcune osservazioni esemplificative:

a) secondo il Vangelo di Marco, seguito da Luca e da Matteo, Gesù si reca a Gerusalemme solo una volta, dopo aver svolto la sua attività soltanto al Nord della Terra di Israele, mentre secondo il Vangelo di Giovanni ci va varie volte e opera ampiamente in Giudea. La cacciata dei mercanti dal tempio avviene in Giovanni quasi all’inizio della sua attività pubblica, mentre in Marco, Luca e Matteo alla fine;

b) L’ordine dei fatti che riguardano la vita di Gesù è in parte diverso anche fra i tre

vangeli di Marco, Luca e Matteo;

c) basta esaminare accuratamente le tre versioni che ci sono pervenute della parabola del banchetto per rendersi conto che il Vangelo di Matteo ha profondamente modificato la parabola di Gesù e che la versione di Luca e quella del Vangelo di Tommaso sono più attendibili. Il confronto con il Vangelo di Tommaso ci permette di constatare che a volte le parabole erano state adattate per esprimere il ruolo soprannaturale che le comunità protocristiane attribuivano a Gesù. È il caso ad esempio dellaparabola dei vignaioli omicidi;

d) i vangeli di Matteo e di Giovanni hanno la tendenza a mettere in bocca a Gesù lunghi discorsi, ma l’esegesi, specializzata nell’analisi di ogni dettaglio del testo, mostra

che i discorsi di Matteo sono composti da singoli detti di Gesù che la tradizione precedente aveva tramandato isolatamente, mentre quelli di Giovanni sembrano profondamente influenzati dalla teologia tipica della corrente giovannista.

e) Il motivo della morte di Gesù. Secondo il Vangelo di Giovanni (11,45-54) il motivo per il quale le autorità religiose di Gerusalemme decidono di far uccidere Gesù è collegabile alla risurrezione di Lazzaro:

 

 

«Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto. Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: «Che facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione». … Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Efraim, dove si trattenne con i suoi discepoli».

 

Per il Vangelo di Marco (11,15-18) invece la ragione dell’uccisione di Gesù sta nella reazione alla sua azione nel Tempio di Gerusalemme (la cacciata dei mercanti):

 

«Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio. Ed insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!». L’udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire».

Sorgono necessariamente tre domande: 1. quale è il motivo storico della morte di Gesù? la risurrezione di Lazzaro come dice Giovanni o l’azione nel tempio come dice Marco? 2. l’azione nel Tempio si è svolta alla fine dell’attività di Gesù come dice Giovanni oppure all’inizio della sua vita come dice Marco? 3. Sia Marco che Giovanni scrivono ormai in un tempo in cui è impossibile collocare i fatti in una successione temporale e quindi non possiamo in alcun modo ricostruire la causa della morte di Gesù, condannando quindi i racconti dei vangeli a semplici racconti edificanti o leggendari, a costruzioni storiche non ricostruzioni?

Dire che i vangeli presentano a volte delle discordanze - potremmo moltiplicare gli esempi delle divergenze - non significa però sostenere che si tratti di opere inaffidabili storicamente. Molto spesso infatti questi vangeli convergono fra loro, e il loro valore documentario (come del resto anche quello dei testi che poi le comunità considereranno apocrifi) è altissimo. Caso per caso, va applicata l’analisi critica come gli storici fanno con qualsiasi documento. Noi partiamo comunque dal presupposto che i documenti evangelici siano attendibili e mossi da sinceri intenti dei soggetti storici che ne furono gli autori. Cerchiamo, però, di comprendere i motivi che hanno portato gli autori dei testi a omettere, o modificare, quanto hanno ricevuto da altri.

Di fronte alle testimonianze divergenti del primo cristianesimo, non c’è altra via che affidarsi ai metodi tradizionali della critica storica e alla competenza che l’antropologia possiede nell’analisi del tessuto relazionale ed esperienziale.

Esiste, tuttavia, un dibattito specifico sui criteri da applicare alla ricerca sulla figura storica di Gesù. Qui ci limitiamo a dichiarare quali sono i criteri che abbiamo seguito nel libro L’uomo Gesù. Tra la cultura di oggi e quella di Gesù esiste un divario immenso. Il primo criterio che abbiamo adottato sistematicamente consiste, perciò, nel leggere il modo di vita, le azioni e le parole di Gesù all’interno della sua cultura e del suo ambiente. La nostra teoria dei tre livelli[6] del testo permette di individuare nei vangeli strati culturali profondi (che sono la base più solida per farci comprendere come egli si rapportasse al mondo circostante). Si potrebbe chiamare criterio della continuità o conformità con la cultura dell’ambiente e della discontinuità o difformità rispetto alla cultura di oggi. Abbiamo assunto il ruolo di chi osserva da lontano, consapevole sia della propria distanza dal mondo antico, sia dei valori attuali di cui è portatore, sia delle esperienze analitiche elaborate nel proprio contesto storico-culturale. Contro la necessità di riconoscere la distanza e la divaricazione culturale, alcune tendenze teologiche attuali insistono sul fatto che i testi del primo cristianesimo sono stati prodotti da persone e comunità che credevano in Gesù, così come i fedeli di oggi credono in lui. Solo la fede, una fede che tradizionalmente si presume uniforme e invariata, permetterebbe quindi di comprenderli. In realtà, quest’affermazione è poco utile. Noi riteniamo che sia vero che gli scritti del cristianesimo nascente sono stati prodotti da coloro che vivevano nella fede e avevano l’intento di propagarla, ma le fedi in Gesù erano fin dall’inizio molto diverse. Del resto, anche le fedi di oggi sono molto divergenti fra loro e spesso alcune chiese accusano altre di non essere fedeli alla volontà e al messaggio di Gesù. Per questi motivi, ci appare necessaria una ricerca antropologica e storica che cerchi di comprendere quale fu la fede effettiva di Gesù e quale quella dei suoi discepoli.

2. Lo stile di vita di Gesù secondo L’Uomo Gesù

1. Lo stile di vita come primo messaggio

Quando abbiamo scritto il libro L’uomo Gesù volevamo provare a scoprire una porzione, un segmento, solo uno, della vicenda di Gesù. Dopo tanti studi fatti insieme su diversi singoli aspetti dei vangeli e delle origini cristiane volevamo provare a scoprire qualcosa di Gesù e del suo modo di vivere. Il nostro libro non vuole affrontare tutti gli aspetti principali della figura di Gesù, ma solo un aspetto particolare e tanto meno presentare una ricostruzione biografica. Abbiamo escluso ad esempio di riassumere il suo messaggio, le sue parole. Non perché il messaggio di Gesù, oppure la sua concezione di Dio non siano di estrema importanza, ma perché volevamo concentrarci soltanto su un aspetto: il suo modo vita, che nel libro definiamo “stile di vita” oppure “pratica di vita”. Questo il nostro libro ha cercato mettere in luce.

Noi siamo convinti, però, che il modo di vivere di Gesù fosse il suo primo messaggio e che le sue idee e le sue parole diventavano significative per chi lo incontrava proprio perché erano strettamente legate al suo stile di vita. Siamo anche convinti che qualsiasi discussione su Gesù debba partire dal comportamento e stile pratico di vita (più che dalle idee), se si vuol essere fedeli alla persona stessa di Gesù e alle sue decisioni.

Gesù aveva abbandonato la propria casa, il lavoro, la famiglia, non possedeva nulla e viveva in una situazione di costante spostamento, da villaggio a villaggio.[7] E’ questa situazione di vita incerta che lo porta ad essere una persona da una lato molto libera e forte, in quanto priva dei legami condizionanti degli interessi sociali consueti, e dall’altro debole ed esposta al potere degli altri. Con una frase riassuntiva abbiamo affermato: «Gesù non ha istituito un centro di potere per la diffusione del suo messaggio, ma ha creato una pratica di vita che rendesse possibile a Dio di intervenire».[8]

La mobilità di vita di Gesù, secondo noi, aiuta anche a comprendere le reazioni che la gente aveva verso di lui, quelle di grande entusiasmo e quelle di violento rifiuto. Ma aiuta a comprende aspetti molto importanti della persona di Gesù: la sua corporalità, la sua scelta della commensalità come forma alta del rapporto umano, e forse anche alcuni aspetti dei suoi sentimenti. Aiuta anche a comprendere il modo, spesso molto corporeo, che la gente ebbe nel relazionarsi a lui. Infine crediamo che questo stile di vita libero e debole nello stesso tempo faccia capire come Gesù non volesse né potesse controllare gli avvenimenti, dai quali alla fine venne travolto. Egli si trova, secondo i Vangeli di Marco, Luca e Matteo di fronte al dramma finale di accettare senza condizioni una volontà di Dio che forse non aveva previsto.

2. Alcuni aspetti dello stile di vita di Gesù

a. Gesù si sposta in continuazione, alla ricerca di un rapporto personale e immediato con la gente.

Questa situazione di costante dislocazione rende possibile un rapporto “senza reti” tra Gesù e gli altri, una relazione, cioè, non modellata dalle normali connessioni sociali. Il rapporto di Gesù con la gente è dunque diretto, faccia a faccia. È la sua persona che, nell’incontro, catalizza e altera varie forze: provoca il cambiamento, la sospensione delle relazioni più ordinarie. I ruoli stabilizzati si interrompono. Questa sospensione crea la possibilità per ciascun individuo di assumere un rapporto diretto con Gesù. Si tratta di un rapporto inconsueto nelle situazioni domestiche e lavorative usuali, che investe il ruolo delle persone laddove vivono e condividono le vaarie funzioni.

È proprio l’assenza di un reticolo di relazioni pre-esistenti che permette una maggior disponibilità a accogliere, o rifiutare, il suo messaggio e il suo stile di vita.[9]

Il fatto che Gesù fosse sempre alla ricerca di un contatto diretto con le persone nella situazione del loro lavoro (ad esempio durantela pesca o la riscossione delle tasse) e all’interno dei nuclei domestici lo ha potato a non organizzare un gruppo autonomo, una specie di ordine religioso, ma un tipo di associazione discepolare che noi abbiamo definito interstiziale. E’ questo un aspetto fondamentale che differenzia il movimento di Gesù dalle comunità formatesi dopo la sua morte (le cosiddette chiese), le quali non furono in grado di mantenere quest’aspetto radicale del suo modo di rapportiasi alla gente.

b. Il corpo di Gesù. Una persona che non ha più una casa, che non guadagna, che non lavora, che non possiede nulla, e si sposta in continuazione senza portare con se nulla, neppure un borsa, ha a sua disposizione solo il proprio corpo e il vestito che lo ricopre. La concentrazione sul corpo debole e dipendente, anche se fortemente libero, è perciò massima. Da un certo unto di vista, Gesù è esprimibile dal suo corpo. D’altra parte è proprio nel suo corpo che, secondo i racconti i evangelici egli sente presente una forza taumaturgica che lo rende in grado di guarire i mali delle persone. Questa preminenza del corpo di Gesù, che deriva necessariamente dal suo stile di vita, provoca anche una concentrazione della gente sul corpo di Gesù, cercato per ottenerne guarigioni ad esempio, ma anche per incontralo, parlargli stargli insieme.

Quando il suo corpo verrà degradato e umiliato dalla tortura e della morte sarà il corpo della risurrezione che sorgerà nell’animo dei suoi seguaci come risposta alla sua crocifissione.

c. L’assenza di azioni politiche di Gesù è il risultato più caratteristico del suo stile di vita. Egli cerca il rapporto con le persone, ma interrompe rapidamente questo rapporto giorno dopo giorno perché si sosta. Non guida o porta con sé folle come sostegno politico alla sua azione. Si muove o da solo o con un gruppo di seguaci, uomini e donne. Non cerca di controllare gli eventi e in qualche modo li subisce facendovi fronte, volta per volta, fino a quando lo travolgono obbligandolo ad accettare la sconfitta e la morte.

d. Lo stile di vita di Gesù in cui costantemente egli si trova attorniato da persone lo porta a cercare momenti importanti e ricorrenti di isolamento in cui si verificano alcune straordinarie esperienze religiose. La preghiera e la trasfigurazione ne sono un esempio. E in questi momenti ed esperienze noi pensiamo si annidi uno degli aspetti più importanti e misteriosi della sua persona e della sua vicenda.



[1] A. Destro - M. Pesce, L’Uomo Gesù. Luoghi, giorni, incontri di una vita, Milano, Mondadori 2010.

[2] L’Uomo Gesù, Cap. 1 e 2: Gesù: mappe mentali e territori reali; Il camminare di Gesù.

[3] Ivi, Cap. 3: La gente che Gesù incontra.

[4] Ivi, Cap. 6: Gesù e il suo corpo.

[5] Ivi, Cap. 7: Emozioni, sentimenti, desideri.

[6] A.Destro - M.Pesce, “Dal testo alla cultura. Antropologia degli scritti protocristiani”, in Protestantesimo 49 (1994) pp. 214-229; M.Pesce, “I limiti delle teorie dell’unità letteraria del testo”, in: E.Franco (a cura di), Mysterium Regni Ministerium Verbi (Mc 4,11; At 6,4). Scritti in onore di mons. Vittorio Fusco, Edizioni Dehoniane, Bologna 2001, pp. 89-107.

[7] L’Uomo Gesù, pp. 58. 91. 134-136. 153-156. 209.

[8] Ivi, p.58.

[9] Ivi, p. 44.