Nuovi criteri di storicità per ricostruire il Gesu' storico
- Dettagli
- Categoria: Gesù storico - Historical Jesus
- Pubblicato Martedì, 11 Settembre 2012 21:30
- Visite: 6554
Criteri di storicità per ricostruire la figura storica di Gesù
Nelle ricerche sul Gesù storico ha spessogiocato un certo ruolo la discussione sui criteri che permettono una corretta ricostruzione della figura di Gesù.[1] Il dibattito è molto vasto. Qui ci limitiamo adichiarare quali sono i criteri che abbiamo seguito nel libro L’Uomo Gesù.[2]
(1) Il primo criterio da noi adottato consiste nel leggere il modo di vita, le azioni e le parole di Gesù all’interno della sua cultura e del suo ambiente . È il criterio della continuità o conformità con la cultura dell’ambiente e della discontinuità o difformità rispetto alla cultura di oggi
Questo criteriorichiede che lo studioso sia consapevole della differenza tra cultura di oggi e cultura del I secolo.[3]Uno studioso di oggi che si applichi ai primi due secoli cristiani e ai loro testi deve, come prima condizione, domandarsi quali siano le differenze culturali che lo separano dall’oggetto del proprio studio. Non possiamo leggere i primi due secoli alla luce delle culture dioggi. La concezione dell’io personale, della famiglia, della sessualità,dell’infanzia e della vecchiaia, dei rapporti tra i sessi, dei rapporti trareligione e politica, la cosmologia, la percezione del soprannaturale edell’accesso ad esso, la percezione della natura e della sua trasformazione,sono tutti settori culturali in cui la differenza tra i primi due secolicristiani e l’oggi è enorme. Le medesime parole (e le realtà sociali a cuifanno riferimento) non hanno lo stesso significato ieri e oggi, mentre tutto uninsieme di parole fondamentali dei primi due secoli non hanno equivalenzanell’oggi, e molte parole di oggi non hanno equivalenza nei primi due secoli(ad esempio, monoteismo, religione, famiglia, persona, ecc.).
In secondoluogo, lo studioso deve possedere sufficiente consapevolezza delle differenze culturali presenti nei primi due secoli tra lacultura greca, quella latina e quella ebraica. Il passaggio dal Gesù storicoaramaico al Gesù greco dei vangeli, l’affascinate dialogo interculturale delgiudaismo ellenistico (a partire dalla traduzione greca della Bibbia), laromanizzazione del cristianesimo,[4]sono altrettanti campi di studio di queste differenze culturali.
Non possiamo pensare che Gesù avesse la stessaconcezione della propria terra che abbiamo noi oggi. Ciò ci obbliga a tentaredi ricostruire la mappa mentale di Gesù. Non possiamo pensare che la nostrapercezione della malattia, dopo lo sviluppo della medicina scientifica moderna,corrisponda a quella del mondo culturale cui apparteneva Gesù. Sarà perciònecessario ricostruire le concezioni del corpo, dei poteri che possonodominarlo, indebolirlo o rafforzarlo, la concezione stessa di natura e del suorapporto con forze soprannaturali positive e negative, ecc. La concezione delpregare che si ha oggi non coincide necessariamente con la concezione delpregare del I o del II secolo, connessa com’era ad altri atti di culto epratiche religiose. E si potrebbe continuare a lungo. Nel nostro libro l’Uomo Gesù abbiamocercato di ricostruire le concezioni e le pratiche culturali della Terra diIsraele del I secolo, ad esempio, per quanto riguarda l’uso dello spazio, ilrapporto tra persona e territorio, il rapporto tra stile di vita e percezionedel tempo, il camminare, l’organizzazione dei nuclei domestici, la praticadella convivialità, la percezione del corpo, la costruzione culturale deisentimenti. Gesù è un ebreo della Terra di Israele del I secolo, non ha lacultura di un cristiano del Duemila.
(2) Il criterio dell’assenza di riferimenti a Gesù nei dibattiti deidiscepoli di Gesù dopo la sua morte
Un secondo criterio che abbiamo seguitoconsiste nel tenere conto della differenza che intercorre tra idee e azioni diGesù e quelle delle prime comunità di seguaci. Consideriamo che le idee e laprassi di Gesù fosse diversa da quella dei gruppi di suoi seguaci dopo la suamorte tutte le volte che i suoi seguaci per prendere una determinata decisionenon trovano accordo tra loro e non possono fare appello a parole precise diGesù o ad un suo preciso comportamento. È improbabile che le comunità delleorigini gli attribuissero arbitrariamente atti che contraddicevano la loroprassi e le loro consuetudini. Se quindi esiste un divorzio tra le decisionidelle chiese primitive e quanto i testi dei vangeli ci dicono su Gesù èprobabile che Gesù pensasse ed agisse in contrasto con quanto pensarono efecero poi quelle chiese.
Ad esempio, sorse ben presto tra i seguaci di Gesù,dopo la sua morte, una discussione ampia su come doveva verificarsi laconversione dei gentili - conversione che, come si sa è essenziale per laconcezione stessa del regno di Dio.[5]Due furono le risposte principali, in opposizione l’una all’altra. La primapropose che i gentili si convertissero al giudaismo non soltanto nel senso chedovevano adorare solo il Dio unico e vero, ma anche osservassero integralmentela legge biblica (circoncisione compresa) (cfr. Atti 15,1.5; Gal 2,12; 6,12). Una seconda corrente,rappresentata da Paolo, sostenne invece una sorta di giudaizzazione parzialedei non giudei: dovevano convertirsi all’unico Dio, abbandonando così i cultiad altre divinità (1 Ts 1,9-10; Gal 4,8-9), ma non avevano bisogno di diventareebrei. In attesa del regno, giudei e non giudei dovevano convivere e coesisterenei gruppi di seguaci di Gesù senza rinunciare alla propria differenza. Laprima di queste due tendenze divenne ben presto minoritaria. Non scomparve mai,ma già alla metà del II secolo era numericamente perdente. La seconda ebbe unabrevissima durata: forse morì con la morte dello stesso Paolo. L’equilibriodelicato che Paolo proponeva tra Giudei e non-Giudei all’interno della comunitàera infatti difficilmente mantenibile.
Questa discussione ci permette di conoscere qualcosasul Gesù storico: egli non aveva ritenuto opportuno parlare della conversionedei non-ebrei al Dio giudaico. Se i seguaci di Gesù dopo la sua mortediscussero a lungo se e come predicare ai non-ebrei ciò significa che Gesù nonaveva predicato ai non-ebrei. Allora dovremo guardare con maggiore attenzioneall’episodio della donna siro-fenicia e alla guarigione del servo delcenturione. In nessuno dei due casi Gesù annuncia, o predica ai due non ebrei.In ambedue i casi, egli opera una guarigione a distanza e nel secondo caso nonincontra nemmeno di persona il centurione.[6]
I seguaci di Gesù dopo la sua morte discussero a lungose era possibile o meno infrangere le leggi alimentari ebraiche (cfr. adesempio Gal 2,12-14 e Atti 10,10-16). Se il Pietro degli Atti degli apostolidovette ricorrere a una rivelazione diretta di Dio per legittimare laviolazione delle leggi bibliche di Levitico11, ciò significa che non si conosceva alcuna parola di Gesù contro tali legginé alcuna sua pratica contraria. Ciò è molto importante per la ricostruzionedel Gesù storico perché significa che Gesù rispettava le leggi alimentarilevitiche.
Gesù, poi, non aveva dato alcuna indicazione su almeno altri treproblemi: 1. come comportarsi nei confronti della conversione dei non-ebrei, 2.come comportarsi di fronte al fatto che il regno di Dio non si verificava; 3.come organizzare le comunità di seguaci.
Questamancanza di indicazioni è uno dei motivi, non il solo, della pluralità dirisposte e della pluralità di tendenze che si verificarono da subito fra iseguaci di Gesù dopo la sua morte. Il movimento dopo la sua morte si manifestòfin dall’inizio in una pluralità di forme. Affrontare problemi su cui gesù nonaveva dato indicazioni spingeva quindi i discepoli dopo la morte di Gesù aprendere decisioni che prima non si erano presentate necessarie. Essi potevanocerto interrogare l’esperienza di Gesù, ma così facendo dovevano dareinterpretazioni eventualmente divergenti di quello che egli aveva detto efatto.
(3)Il criterio della differenza di Gesù rispetto al proprio ambiente.
Conta anche la distanza di Gesù rispetto alproprio ambiente. In casi singoli ci troviamo di fronte ad atti e parole concui egli criticava alcuni aspetti del proprio contesto giudaico. Tuttavia,bisogna sempre cercare di comprendere fino a che punto l’attribuzione a Gesù diun atteggiamento critico sia determinata dalla polemica che le comunitàsuccessive svilupparono verso i giudei.
(4)Il criterio dell’assenza di cristologia
Noi pensiamo che siano sicuramente storiche leparole attribuite a Gesù in cui è assente ogni affermazione sulla sua funzionesalvifica o sulla sua particolare dignità soprannaturale.
Ad esempio, la frase del Padre nostro «rimetti a noi i nostri debiti, come noi li abbiamorimessi ai nostri debitori» (Mt 6,12) va considerata autentica perché in essail perdono dei peccati è attribuito solo a Dio e al comportamento degli uominie non alla morte sulla croce di Gesù.
Significativoè un detto di Gesù trasmesso da Luca:«Si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilatoaveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesùrispose: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei,per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, periretetutti allo stesso modo”» (Lc 13,1-3). In assenza della conversione, si saràsottoposti alla punizione divina. Questo detto, in cui Gesù non fa alcunriferimento a una propria opera di salvezza o di intercessione per i peccatori,è certamente attribuibile a lui e dimostra come egli sia stato, per un periodonon breve, legato alle idee del Battezzatore.
(5) Il criterio della nonapplicabilità a Gesù della cristologia dei secoli IV-V quando la storia della teologia dei secoli I,II e IIImostra una forte divergenza di posizioni e una differenza rispetto allesoluzioni del IV-V secolo.
Prenderemocome esempio la cristologia dell’ Ascensione di Isaia e del prologo del Vangelo di Giovanni, sostanzialmente coeve. Non c’è dubbio che nelprologo del Vangelo di Giovannici si trovi di fronte ad una cristologia cosiddetta “alta” o “discendente” checioè ritiene che Gesù possedesse già prima della nascita una dignitàsovraumana. Egli viene considerato come incarnazione del Logos e il Logos è avvicinato molto alla divinità. La lettura storica dei documenti deltempo, tuttavia, non permette di leggere questo documento come se fosse deltutto identico alle definizioni concettuali del dogma di Nicea ed inparticolare alla definizione della consustanzialità del Figlio con il Padre. Seleggiamo un importante articolo di Manlio Simonetti sulla cristologia tra finedell’inizio del II secolo, in cui Simonetti cerca di collocare storicamente lacristologia presente nell’Ascensione di Isaia, la molteplicità di concezioni sulla natura del Gesùpre-esistente ci dice che le idea di logos, di angelo, di “diletto” sono diversi modi di concepire la dignitàsoprannaturale di pre-esistente di Gesù, ma che nessuna di queste concezionicoincide con quella di Nicea. Per di più gli studi di storia della cristologiadi Manlio Simonetti hanno messo bene in luce che fino alla fine del II secolola cristologia alta non era maggioritaria nel primo cristianesimo.[7]Tutto questo ci deve rendere molto cauti a proiettare su tutti i testi delprimo cristianesimo, sui vangeli e su Gesù stesso le concezioni dellacristologia alta di Nicea.
Un’altroesempio: quello del millenarismo. Per almeno due secoli l’idea di regno di Dioè stata interpretata in senso millenaristico (come dimostra Apocalisse 16,16; 19,6-8, 20,2-3; 20, 7-10; Giustino, Dialogo 80,1-5; 81,1-4[8]e Ireneo, Adv Haer. V, 33,3[9]).Ciò significa che non possiamo considerare l’interpretazione spiritualizzantedel concetto di regno di Dio che si afferma poi con la teologia del III secolocome corrispondente alla concezione di Gesù. Il fatto che la teologiasuccessiva abbia abbandonato il millenarismo non significa che il millenarismonon offra un’interpretazione plausibile del messaggio di Gesù.
Laconoscenza della teologia, della pratica religiosa e delle istituzionicristiane del I e del II secolo permette di essere consapevoli delladiscontinuità tra la teologia dei secoli IV-VI con le correnti religiosecristiane antecedenti e questo obbliga a non interpretare Gesù alla luce degliassetti dottrinali, istituzionali ed etico liturgici dei secoli IV-VI.
Seperciò Gesù non va automaticamente letto alla luce del cristianesimo del IV-VIsecolo, ciò significa che è necessario ricostruire la sua figura storica inbase ad un diverso contesto.
[1] G.Theissen– D. Winter, The Quest for thePalusible Jesus. The Question of Criteria, Luisville-London, Westminster John Knox Press, 2002(or. ted.: Die Crititerienfrage in der Jesusforschung, Freiburg Switzerland, University Press).
[3] La nostra teoria dei tre livelli di profondità deltesto permette di individuare neivangeli strati culturali profondi che sono la base più solida per farcicomprendere come egli si rapportasse al mondo circostante: A.Destro - M.Pesce, Dal testo alla cultura. Antropologia degliscritti protocristiani, inProtestantesimo 49 (1994) 214-229; M.Pesce,“I limiti delle teorie dell’unità letteraria del testo”, in: E.Franco (a cura di), Mysterium RegniMinisterium Verbi (Mc 4,11; At 6,4). Scritti in onore di mons. Vittorio Fusco, Edizioni Dehoniane, Bologna 2001, 89-107.
[4] Vedi M.Sachot, L'invention du Christ.Genèse d'une religion, Paris, Odile Jacob, 1999 (tr. it. La Predicazione diCristo,Torino, Einaudi).
[5] Il pellegrinaggio ditutte le genti a Gerusalemme (centro del regno di Dio che sarebbe stato ancheregno di Israele) è un sogno dei profeti biblici (cfr. Is 60; 2,3-4; 25,6-9;49,22-26; 51,4-5; 55,4-5; 56,3-8; 66,18-22; Zac 8,20-23).
[7] M. Simonetti,Ortodossia ed Eresia tra I e II secolo, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1994; Id., Studi sulla cristologiadel II e del III secolo, Roma,Istituto Patristico Augustinianum, 1993.
[8] Cfr. Ph. Bobichon, Justin Martyr, Dialogueavec Tryphon. Édition critique, traduction, commentare, vol. II, Academic Press,Fribourg 2003, pp.965-968.
[9] M. Pesce, Le parole dimenticate di Gesù, Milano, FondazioneLorenzo Valla, 2004, pp. 309.705.